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Recensione di ItalianShoes.com:

 

Il futuro per le calzature fashion è l’eco-design

 

Cos’è e come si è evoluto, quali materiali e processi produttivi implica nel libro di Anna Paola Pascuzzi

 

Il benessere delle persone e del pianeta comporta una evoluzione-rivoluzione di come concepire il prodotto e la sua circolarità che vede al centro l’eco-design, argomento approfondito da Anna Paola Pascuzzi, ricercatrice e docente all’Università Sapienza di Roma e all’Accademia del Lusso di Milano, footwear designer e product manager,  nel libro L’eco-design per calzature fashion. Metodologie e materiali.

 

Eco-design – indicato dalla Strategia dell’UE per prodotti tessili sostenibili e circolari quale metodologia progettuale e produttiva da applicare nel 2030 –  perchè la sostenibilità entra in ogni passaggio della filiera, dalla materia prima al risparmio di acqua ed energia, alla durabilità del prodotto e al suo fine vita.

Questo comporta anche una consapevolezza dei materiali da utilizzate, stando attenti a non cadere nei tranelli del green washing e della falsa comunicazione, come l’autrice spiega nell’introduzione.

Ecco dunque che è necessario chiarire in cosa consiste l’eco-design: “significa adottare nuovi principi di progettazione, includendo lo studio dell’intero ciclo di vita del prodotto, implicando la scelta dei materiali che devono essere ecologici, non tossici, riutilizzabili e riciclabili. Vuol dire ripensare i prodotti per renderli redditizi, eliminando elementi inutili e rischiosi per l’ambiente e riprogettando la loro funzionalità”.

 

Nel secondo capitolo si indaga come l’eco-design sia parte della slow fashion, movimento nato sulla scia dello Slow Food, che riporta l’umanità in armonia con la natura, recuperando il rapporto con la cultura e le realtà locali.

 

Nel capitolo successivo si approfondiscono argomenti quali  i materiali da preferire e quelli da escludere, la metodologia della modularità, legata alla facilità di assemblaggio e disassemblaggio dei prodotti, il Life Cycle Assessment (LCA),che aiuta i designer nella scelta ecologica attraverso il riciclo di materiali inutilizzati delle passate collezioni, e come ridurre il Product Environmental Footprint (PEF). Il quinto capitolo è dedicato al Product Life Cycle (PLC) e come il prodotto interagisce con l’ambiente; l’autrice si sofferma sull’upcycling e sul PSS (Product service system).  Nel sesto capitolo si delinea l’impatto dell’eco-design sul ruolo non solo del designer, che deve essere sempre più connesso con la supply chian, ma anche de consumatori finali “veri fautori di cambiamenti significativi e responsabili della durata dei prodotti”.

 

La parte finale del libro è dedicata alla ricerca fatta online, sui siti ufficiali di vendita di brand quali Armani, Tod’s Gucci, Prada, Casadei, Sergio Rossi, Giuseppe Zanotti e altri, per capire come e quanto sia stato fatto in termini di sostenibilità nelle calzature di questi marchi, analizzando materiali e lavorazioni di quei prodotti dichiarati “eco”. Per arrivare alla conclusione che nei siti di vendita dei brand alto di gamma studiati ci sono pochi esempi di calzature con elementi sostenibili. La strada verso la sostenibilità è ancora lunga!

 

 

 


Intervista pubblica su letture.org

“Un mondo di scarpe. L’evoluzione storica del design calzaturiero” a cura di Anna Paola Pascuzzi

Dott.ssa Anna Paola Pascuzzi, Lei ha curato l’edizione del libro Un mondo di scarpe. L’evoluzione storica del design calzaturiero, pubblicato da Tab: quale funzione ha assunto la calzatura nell’immaginario contemporaneo?
Un mondo di scarpe. L’evoluzione storica del design calzaturiero, Anna Paola PascuzziMolti dei saggi raccolti in questo volume evidenziano come la calzatura anche ai giorni nostri rimane legata all’espressione non solo della propria personalità, ma anche dei nostri desideri più reconditi. Le scarpe sono un mezzo comunicativo ed evocativo di fortissimo impatto a livello anche sociale: calzare scarpe nuove e diverse nelle altezze, nelle forme e nei materiali permette di stabilire una nuova postura corporea e una andatura diversa dal consueto.

 

Quando si indossano un paio di scarpe con determinate caratteristiche è come operare una magia, a seconda se le scarpe siano fornite di tacchi alti o meno, si può esplorare una parte della propria personalità, per esempio più sexy e disinibita, come nel caso dei sandali a stiletto o al contrario più formale e regale, come nel caso di décolleté, dallo scollo non troppo aperto o come per gli uomini, nel caso dei modelli Oxford e Derby. Non solo il corpo cambia ma anche l’attitudine personale muta, se per esempio mi sento ben piantato a terra, indossando stivali con tacco non troppo alto ma robusto nei volumi, anche la mia personalità virerà verso una migliore fiducia, una migliore occupazione dello spazio implica un senso di forza maggiore. Ugualmente, se indosso scarpe flat, in qualche maniera la mia personalità può addirittura recuperare elementi appartenenti alla mia fanciullezza considerando per esempio le ballerine o le Mary Jane dalla punta arrotondata, o al contrario se parliamo di ballerine dalla punta sfilata e dalla tomaia articolata allora si vira verso il glamour.

In definitiva, desiderare e comprare un paio di scarpe nuove con determinate caratteristiche, nell’immaginario collettivo indica voglia di cambiare e di approdare ad una nuova visione di sè, o addirittura assumere valori che sono veicolati dalla calzatura, che ripeto è un mezzo di comunicazione sociale ed identitario fortissimo.

Quale evoluzione ha caratterizzato il design della calzatura nel corso della storia?
Gli otto saggi di cui si compone questo volume evidenziano quanto il design calzaturiero sia stato camaleontico nella sua evoluzione storica, essendo soprattutto legato al soddisfacimento delle esigenze di rappresentazione sociale delle classi più elevate ed elitarie, rispetto al resto della popolazione.

I secoli approfonditi in questo libro parlano di come il design è stato usato per rimarcare le distanze tra le classi e per soddisfare precise necessità di determinati personaggi apicali. A volte il design si è smarcato da questo legame, ma le innumerevoli volte in cui l’aspetto esteriore delle scarpe è mutato, è sempre accaduto seguendo dei binari ben precisi: in netto contrasto con la generazione precedente per poi diventare esso stesso classico e per essere nuovamente messo in crisi dando spazio a forme, a tacchi, zeppe e suole nuove. Quindi è interessante ricordare come dopo secoli di calzature sfilatissime come quelle “à la poulaine”, si passi a calzature al contrario larghissime nei secoli seguenti per cui la punta diventa “a muso di vacca” o a “becco d’anatra”, mentre le lunghezze si ridimensionano raggiungendo quelle anatomicamente corrette.

Per non dimenticare il passaggio fondamentale nella moda, legato alla Rivoluzione francese, per cui il simbolo che meglio rappresentava la monarchia e l’aristocrazia, cioè il talon rouge, decade come cadono le teste, a favore di calzature senza tacco, che rappresentano meglio la nuova tendenza culturale in atto, ma anche le nuove istanze sociali e politiche. Gli esempi di queste rivoluzioni nel design delle scarpe sono tantissimi e riguardano, anche se in maniera più marginale, le calzature dei ceti sociali più bassi, che senza soluzione di continuità sono state essenzialmente di legno e con tomaia in pelle, fino all’Ottocento quando l’approvvigionamento di calzature per i soldati ha trasformato il modello dei contadini in una calzatura con suola di cuoio da cui successivamente è derivato il modello Derby.

E si può quasi parlare di una sorta di apparente democratizzazione delle scarpe se si considera il fenomeno sneaker dilagato negli ultimi anni di questo secolo. Di fatto la comodità delle scarpe da ginnastica è un fattore che accomuna coloro che le indossano anche se ogni sneaker ha un valore ed un significato diverso.

Quale rilevanza assume il periodo medievale per la storia della calzatura e quali erano i modelli tipici dell’epoca?
Il periodo medievale è ricco di cambiamenti che riguardano in generale la moda e le calzature – come riportato nel saggio di Domenico Casoria – per cui oltre alla fondamentale caratteristica di protezione dai pericoli e isolamento dal terreno, la calzatura nel Medioevo rivela molto dell’individuo che la indossa: l’appartenenza ad un determinato strato della società e il suo potere. Il discrimine tuttavia risiede nelle caratteristiche tangibili della calzatura, nei materiali dei quali era costituita e nelle occasioni per le quali veniva utilizzata. L’autore sottolinea che durante il Medioevo, nasce il concetto di moda inteso come ricerca di tendenza; abito e calzatura iniziano ad essere utilizzati come strumenti rivelatori della propria persona, e iniziano ad essere abbinati tra loro seguendo linee guida riconducibili a colori o tessuti, con la possibilità di osare nelle forme e negli accostamenti. Il periodo medievale oltre a segnare la storia delle calzature da un punto di vista pratico e del design, influisce anche sui processi di lavorazioni di pelle e tomaie, con la scoperta di nuove tecniche di concia.

In merito ai modelli che hanno segnato la storia della calzatura durante il Medioevo, l’autore ne evidenzia essenzialmente due: il primo è la Chopina, il cui nome cambiava da zona a zona (calcagnini o mule a Venezia, sibre o solee a Milano, oppure generalmente pianelle) dalla spropositata altezza e indossata a Venezia, ad esempio, sia dalle aristocratiche che dalle cortigiane. A livello stilistico le Chopine prodotte ed indossate in Spagna erano alquanto diverse da quelle prodotte in Italia dove erano più incurvate, slanciate e scultoree. Esisteva inoltre una distinzione tra uso delle calzature negli spazi pubblici e uso negli spazi privati della casa e questa si esplicitava con il diverso materiale con cui erano realizzate per i diversi ambiti.

Il secondo modello invece è la calzatura a cui si è accennato prima, detta “à la poulaine”, caratterizzata da una elevata lunghezza della punta imbottita con del muschio e tenuta in piedi da un dente di balena. Calzatura inizialmente indossata solo dai nobili per poi estendersi a ogni strato della società, ma anche calzatura oggetto di restrizioni emanate nelle leggi suntuarie. É interessante notare come il Medioevo vive ancora nella nostra epoca essendoci una continuità tra il design delle Chopine e delle calzature “à la poulaine” e i giorni nostri, elementi rintracciabili anche nelle collezioni recenti di alcuni famosi brand come Alexander McQueen, Loewe o Guo Pei. Senza dimenticare che le scarpe “à la poulaine” sono state spesso riesumate nel corso della storia della calzatura già all’inizio del XIX secolo e poi nel XX secolo con il le Winklepicker degli anni Cinquanta o gli stivaletti sfilati e dal gambale floscio proprio degli anni Ottanta. Il Medioevo è una fonte inesauribile di ispirazioni e di rimandi che ben si adattano alla moda contemporanea.Naturalmente i modelli assumono sempre significati e simboli diversi a seconda del contesto storico e sociale.

Quale significato simbolico aveva lo stivale in epoca vittoriana e qual era l’importanza delle calzature rispetto ai ruoli sociali?
Nel saggio di Laura Pistorino si evince che durante l’epoca vittoriana lo stivale ha assunto forti simbologie, infatti all’epoca si riteneva che il piede della donna avesse valenze sessuali e che la visione di alcune parti della scarpa potesse suscitare eccitazione nell’osservatore. Per tale ragione, la donna indossava ampie e volumetriche gonne in modo da coprire completamente gambe e caviglie e, inoltre, utilizzava gli stivaletti, calzatura adoperata, prima di allora, soltanto dagli uomini e che enfatizzava ancor di più la carica erotica del piede. Da questo momento in poi, gli stivaletti stringati, molto in voga intorno alla metà del XIX secolo, iniziano ad essere associati alla sfera sessuale e a trasmettere una forte carica erotica.

Durante quest’epoca, inoltre, le calzature si differenziavano a seconda del loro uso e di chi le indossava, assumendo un ruolo fondamentale nella distinzione dei sessi e delle classi sociali: gli uomini portavano gli stivali, ispirati al tipo di calzatura utilizzata dai fantini, mentre le donne, prima di usare lo stivaletto, indossavano scarpette eleganti, solitamente di broccato, velluto o altri tessuti. La differenza tra le due calzature si può rintracciare nel ruolo che i due sessi detenevano all’interno della società: si riteneva che mentre l’uomo avesse bisogno di calzature pratiche e adatte a uno stile di vita attivo, le donne, invece, avessero bisogno di calzature che fossero sempre meno in grado di affrontare la strada come le pantofoline, le quali rappresentavano il presupposto culturale che il posto della donna fosse la casa. Oltre alle differenze tra i sessi, vi erano delle differenze all’interno delle classi sociali: i lavoratori delle campagne e i membri delle classi meno abbienti non badavano all’aspetto esteriore, dunque utilizzavano gli zoccoli, calzature pratiche e adatte per lavorare il terreno.

I rilevanti cambiamenti sociali avvenuti in questa epoca, come le Rivoluzioni industriali, hanno determinato un cambiamento degli stili di vita portando la donna ad acquisire una maggiore considerazione all’interno della società, ad essere più indipendente e libera di praticare attività al di fuori dell’ambiente domestico: in questo modo le pantofoline vennero quasi del tutto soppiantate dallo stivaletto.

Come si è evoluto storicamente il tacco?
Il tacco, nel corso dei secoli, si è evoluto cambiando spesso la sua forma e altezza. In occidente il tacco è comparso, nel XVI secolo, divenendo presto simbolo dell’aristocrazia grazie anche al contributo di Caterina de’ Medici che lo indossò per aumentare la sua statura, nel giorno del suo matrimonio con il Duca d’Orléans nel 1533. Ma in oriente il tacco era usato dai cavalieri persiani, forse già in antichità.

I tacchi – come sostiene Naomi Lauciello nel suo saggio- hanno un forte risvolto psicologico in quanto facendo ondeggiare di più il bacino di chi li indossa, rendono l’incedere più seducente donando maggiore sicurezza e potere seduttivo, con ricadute non indifferenti a livello di autostima. E bisogna ricordare Luigi XIV di Francia che, essendo di bassa statura si fece realizzare dei rialzi di colore rosso, i cosiddetti “talons rouges”, che potevano essere indossati solamente dalla nobiltà, diventando un odioso simbolo di privilegio e potere. Con la semplificazione dell’abbigliamento, relativa alla Rivoluzione francese, i tacchi alti iniziarono a scomparire definitivamente. Però il famoso tacco a rocchetto ritornò in auge nella seconda metà del XIX secolo. Mentre nel XX secolo, il tacco divenne il focus della calzatura grazie anche al contributo di stilisti quali André Perugia, Salvatore Ferragamo e Roger Vivier, veri artisti calzaturieri. Nel caso di Vivier si deve dire che a lui fu attribuita l’invenzione del tacco a spillo negli anni Cinquanta, ma in realtà, dopo un attento studio, si è potuto risalire a Vigevano come luogo di nascita dello stiletto, dove fece la sua prima comparsa nel 1953. Negli anni Sessanta e Settanta, la forma del tacco cambia nuovamente seguendo le direttive della moda, degli emergenti valori femministi e delle controculture come quella degli hippy, per cui il tacco si riduce di altezza per poi ricomparire negli anni Settanta con spessori importanti e associato al platform. Negli anni Ottanta e Novanta, grazie a designer come Manolo Blahnik e Christian Louboutin, il tacco a spillo torna di moda. Dagli anni 2000 in poi, il tacco ha subito l’influenza delle nuove tendenze, ciò è dovuto anche all’utilizzo di nuovi materiali e metodi di fabbricazione che hanno portato a fondere insieme moda e arte e molti stilisti iniziarono a progettare calzature d’avanguardia con tacchi particolari fino a creare delle vere e proprie sculture per i piedi, combinando l’arte, il design e l’architettura.I brand di moda più prestigiosi hanno intrecciato delle collaborazioni con archistar, tra cui troviamo Zaha Hadid, che insieme a Rem D. Koolhas, proprietario del brand United Nude, ha prodotto scarpe avveniristiche come la Nova, realizzando delle mini-costruzioni per i piedi. Quindi possiamo dire che la calzatura ha subito numerosi cambiamenti nel corso degli anni fino ad essere fortemente valorizzata da altre discipline artistiche, le quali, mettendosi a servizio dei designer, ispirano la loro creatività, dando vita ad idee articolate come il tacco-scultura.

Quale influenza hanno avuto l’arte e in particolare l’architettura nel design della calzatura?
Come rilevato da Valentina Cammarota nel suo saggio, l’arte, l’architettura, la moda ed in particolare il design calzaturiero sono mondi che si influenzano, anche quando apparentemente non è visibile. Ogni designer ha un modo di essere influenzato diverso e questo giustifica il perché di alcune scarpe super strutturate e altre che invece sono a prima vista più semplici. Per esempio Pierpaolo Piccioli, in un’intervista, ha riportato che le borchie per il brand Valentino, rappresentano il fortissimo legame che il marchio ha con la città di Roma e in particolare richiamano un elemento architettonico presente nei più grandi monumenti della Città. A livello superficiale le borchie usate da Valentino su borse e scarpe sembrano solo un elemento decorativo o al massimo un dettaglio punk, in realtà il significato della borchia è molto più profondo, frutto di uno studio sull’architettura della città a cui il marchio è legato. Al contrario Zaha Hadid invece con Nova ha fedelmente declinato in forma calzaturiera il Galaxy Soho, il suo progetto industriale. Da questi esempi si evince che nelle calzature si possono riportare determinati elementi architettonici salienti ma anche rifermenti agli edifici stessi, riprodotti quasi fedelmente. Il diverso approccio che ogni designer ha con l’arte e l’architettura produce risultati assai differenti. Il contesto e la geografia in cui si trova ad operare un designer o un artista o un architetto determinano delle formae mentis uniche che si riflettono nella progettazione e nella scelta dei materiali, dando forma a calzature non solo belle ma significative.

Inoltre, conoscere davvero il prodotto che si vuole acquistare significa conoscerne il luogo della produzione, i materiali e il suo significato simbolico. Questa modalità di lettura della moda, seppur poco usata dovrebbe in realtà essere adottata da tutti al fine di fare un acquisto consapevole, soprattutto in un periodo come questo votato alla sostenibilità.

Quale rilevanza ha assunto il fenomeno delle sneaker?
Carolina Bernardi nel suo saggio asserisce che il fenomeno delle sneaker ha raggiunto attualmente dei livelli molto alti all’interno della società, riuscendo ad influenzarne vari aspetti, tra cui quello sociale, economico e culturale. Alla fine del XIX Secolo, le sneaker avevano silhouette semplici ed erano prodotte interamente in tela e gomma, venivano acquistate principalmente per praticare sport ma erano comunque oggetti molto costosi per l’epoca. Nel secolo successivo, con l’avanzare della loro popolarità le sneaker sono diventate un prodotto sempre più studiato e definito in ogni dettaglio. Motivo per cui prima di promuovere una calzatura e lanciarla sul mercato vanno effettuati vari passaggi: studi di marketing, analisi del mercato, del target, lunghe riflessioni sulla scelta dei colori, design e materiali oltre che ricerche per scegliere la celebrity più adatta per presentare al meglio il prodotto. Questi fattori incidono moltissimo sulla percezione dei compratori.

Nel XX Secolo si è definita l’idea di esprimere la propria personalità indossando un determinato paio di scarpe piuttosto che un altro e l’impatto nell’immaginario collettivo degli sport quali la corsa, il tennis e il croquet negli anni Settanta hanno portato alla diffusione delle scarpe, non più solo come strumento per praticare attività sportiva. In realtà fu però la pallacanestro a dettare le regole nel mondo delle sneaker, diventando lo sport simbolo della città di New York. Il campo da pallacanestro era il luogo dove i ragazzi potevano stringere nuove amicizie, migliorare le loro prestazioni e mettersi in mostra. Contestualmente nacquero le prime star del basket e con loro iniziarono le prime collaborazioni tra moda e celebrità sportive. Diventare una celebrità era molto difficile e lo era ancora di più se si lavorava nel campo dello sport. I pochi che riuscivano ad arrivare all’apice della fama venivano intercettati dall’industria della moda e dell’abbigliamento per promuovere prodotti di consumo, basti pensare alla partnership tra Adidas e il cestita di Harlem Kareem Adbul-Jabbar che, nel 1971, diede vita alle prime scarpe frutto di una collaborazione tra un marchio ed un’atleta.

In questo periodo storico, le scarpe da basket iniziano a diventare un vero e proprio must have per i giovani di tutto il mondo, da sfoggiare sia dentro che fuori dal campo. Successivamente, le collaborazioni si moltiplicarono, la più famosa è quella datata 1985, anno in cui venne creata la Nike Air Jordan 1 insieme al cestita Micheal Jordan, probabilmente, una delle scarpe più popolari mai realizzate, nonché uno dei prodotti di punta dell’azienda Nike. Il legame così stretto tra un prodotto ed il modo in cui viene inteso, ha dato vita ad un universo estremamente esteso, complesso e vivace, che si è imposto trasversalmente in tutti settori della moda stessa, dell’arte e della cultura.

Anche l’alta moda non ha ignorato il fenomeno, appropriandosi di questo modello di scarpa e di tutta la filosofia che lo sottintende. Le grandi maison ne hanno sancito ufficialmente l’ingresso in passerella, proponendole come alternativa alle calzature classiche. È stato proprio l’arrivo delle sneaker nel mondo dell’alta moda a contribuire in maniera determinante ad elevarle da calzatura per lo sport a forma d’arte. I primi brand di lusso a portare le sneaker in passerella sono stati, nel 2005, Lanvin, la più antica firma d’alta moda parigina, seguita tre anni dopo da Yves Saint Laurent e nel 2011 anche il brand famoso per la provocante suola rossa, Christian Louboutin, apre una boutique di scarpe sportive da uomo. Le energie investite dall’industria del lusso hanno attratto una serie di artisti, designer, performer che hanno riletto la scarpa attraverso le loro capacità creative, dandone un’immagine sempre diversa secondo la loro ispirazione artistica. Un esempio sono i designer Hirofumi “Koji” Kojima, Sean Wotherspoon, Jeff Staple e Riccardo Tisci, anche rapper di fama mondiale si sono cimentati in questa esperienza come Kanye West e Travis Scott. Tutta questa attenzione verso le sneaker da parte del mondo dell’alta moda e dell’arte, hanno aiutato la scarpa da ginnastica a diventare un oggetto di grande interesse a livello globale. Pertanto il 10 Luglio 2015, al Brooklyn Museum di New York, è stata inaugurata una mostra dedicata interamente alla storia sociale e culturale delle sneaker, intitolata “The Rise of Sneaker Culture” e al suo interno erano presenti più di centocinquanta scarpe da ginnastica.

Il modo in cui la scarpa da ginnastica si è guadagnata tanta considerazione è dovuto a un mix di elementi che l’hanno resa indimenticabile e impossibile da ignorare. Le sneaker hanno unito le persone, formato nuovi gruppi, dato vita a nuovi sport e nuovi stili, sono state fonte d’ispirazione, sono diventate oggetti da collezione, facendo parlare di sé anche anni dopo la loro uscita. Tutto questo perché dietro la scarpa c’è un sistema che la rende un item culturale, più che un semplice accessorio. Le sneaker rappresentano uno stile di vita, e comunicano voglia di libertà, di vittoria e di ammirazione soprattutto per coloro che pochissimo o per nulla sono stati considerati positivamente a livello sociale e mediatico. Inoltre essendo state elevate alla dignità dell’alta moda, le sneaker oggi sono divenute un crossover importantissimo, infatti oramai si parla di sneaker culture. Senza dimenticare quanto lo studio anatomico e tecnologico, messo in atto dalle aziende, per migliorare le performance sportive, abbia contribuito ad un elevato comfort delle sneaker per cui sono delle calzature altamente desiderabili per ogni fascia d’età. Donando la possibilità di movimento in lungo e largo, esse favoriscono la possibilità di essere davvero al passo con i convulsi tempi moderni.

Anna Paola Pascuzzi, laureata con lode in Lettere Moderne (v.o.), presso Sapienza, Università di Roma, e presso l’Accademia di Costume e di Moda di Roma, oltre ad essersi specializzata al C.e.r.c.a.l. di San Mauro Pascoli (FC), è una Footwear Designer e un Product Manager con lunga esperienza nel settore delle calzature. Dal 2017, insegna Teoria e Progettazione stilistica di Calzature nel CDL in Scienze della moda e del costume, Università Sapienza di Roma. Nel 2021, ha pubblicato Design e Illustrazione di calzature per la moda. Fondamenti per la progettazione industriale oltre ad altri libri tra cui Il Design calzaturiero dal Novecento ai giorni nostri, del 2019.

 


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Da accessorio indispensabile a oggetto di design

La moda delle Chopine, gli zoccoli, le influenze orientali, le scarpe dell’epoca vittoriana, l’accessorio più amato dalle star hollywoodiane, lo sviluppo dei distretti calzaturieri in Italia,  la commistione fra stile e arte, fino alla nascita del fenomeno sneaker: 350 pagine per descrivere l’evoluzione del design calzaturiero. Il libro dal titolo Un mondo di scarpe è scritto da Anna Paola Pascuzzi, footwear designer e product manager e dal 2017 insegnante di teoria e progettazione stilistica di calzature nel corso di laurea in scienze della moda e del costume, dipartimento Saras della facoltà di Lettere all’Università Sapienza di Roma. Il libro, infatti, pubblicato a settembre 2021 in doppia edizione, cartacea e digitale, viene adottato anche nel suddetto corso di laurea. L’autrice vuole dimostrare che la calzatura non è solo un ornamento o uno strumento funzionale, ma anche un prolungamento della propria personalità e della propria identità. Da accessorio indispensabile a oggetto di design, può diventare anche espressione culturale e simbolo sociale. Partendo da queste riflessioni, il libro propone uno studio accurato sull’evoluzione del design della calzatura nel corso della storia, analizzandone i cambiamenti stilistici, le influenze e le risonanze sociali e storico-culturali.